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31 dicembre 2008

MISCONOSCIMENTI

Il corvo nero in bilico sulla grondaia che gracchia contro la mia derisione non se ne vuole andare, così l'ho invitato ad entrare e l'ho sfamato, caro il mio giaciglio di spine. Tu non avresti fatto lo stesso? Ora vive con noi.
Concessami la libertà delle mie azioni devo rispondere di esse e lo faccio ringraziando i disturbi psichici che ho incontrato nel cammin di questo blog. Ringrazio questi disturbi che si sono annidati in cinque menti, probabilmente già predisposte al riceverli, di cinque blogger che hanno premiato, fra gli altri, questo sgabuzzino. ["Siete voi i pazzi!" disse lo squilibrato.]
Grazie a (in ordine cronologico ed in fila indiana, facciamo il giuoco del silenzio):

Mi sono aggiudicato quattro "Premio Dardos", premio che s'aggiudicano i blog che "hanno dimostrato impegno nel trasmettere valori culturali, etici, letterari o personali". In pratica chiunque. Tale premio prevede, ma è del tutto facoltativo, che io lo consegni ad altri 15 blog. Il quinto che mi sono aggiudicato è il "Premio Kreativ Blogger", conferito ai blog "meritevoli di creatività, polemica, amicizia...", puntini di sospensione. In pratica chiunque. Puntini di sospensione. Tale premio prevede (e non è del tutto chiaro se sia facoltativo o meno) la premiazione di altri 7 blog.
Cumulamente parlando dovrei premiare un totale di 67 blog?
Ancora un grazie ai sopracitati e spero che l'aver pensato a me sia stata una piccola ossessione nei miei confronti per voi. Complimenti per i blog che ognuno di voi gestisce. Bravi, figliuoli.
Ringrazio anche chi passa di qua e condivide le proprie frustrazioni. Parlarne aiuta, sembra.
Un buon nuovo anno domine a tutti.

29 dicembre 2008

AVERE FISSO IL CHIODO

A volte vorrei scrivere io la mia storia, invece, non so far altro che raccontarla.

Tre sono le ombre, caro il mio giaciglio di spine. La prima la proiettiamo, la seconda ci segue ovunque e la terza vive dentro ognuno di noi. Ed era nella terza ombra che viveva la Fantasia che, da brava bambina viziata, strattonava la gonna del tempo. La Fantasia e' il luogo dove il sogno sa d'immortale e eterno. Spesso la Fantasia è venuta a farmi visita nei sogni e con l'aria di esperta alchimista ha mutato i germogli dei ricordi in sterpi contorte e spinose. E poi il resto.

Lo zen e l'arte della manutenzione de "lo zen e l'arte della manutenzione de "lo zen e l'arte della manutenzione de...

26 dicembre 2008

DISPERCEZIONE VISIVA

Blaterando pressapochismi: se si è girati al contrario, non è detto che ci si stia riflettendo in una sfera.
Mi sono perso l’eccezione, quella che conferma la regola, sotto le suole.
Ma che poi, questa regola, non la rispetto mai, soprattutto se autoimposta.
A questo stavo pensando mentre guardavo la porta che guardava me da un lato ed il corridoio dall’altro. Mi guardava dal buco della serratura. Un’altra serratura alla quale avvicinare un occhio e sorprendermi a spiare me stesso. Da un lato e dall’altro.
I pensieri neurodegenerativi sono idee che mangiano altre idee, subordinazioni al ritmo della beffa.

24 dicembre 2008

VOCEVIVA



Buongiorno. O buonasera, a seconda delle circostanze. Sempre circostanze attenuanti. A rispondere è la segreteria telefonica attiva al numero di telefono che avete appena composto. Ovviamente non vi dirò chi sono, visto che, se riconoscete la mia voce, vuol dire che avete composto il numero corretto. Se mi riconoscete, ma non avevate intenzione di parlare con me, vuol dire che avete digitato il mio numero sovrappensiero e quindi avete una piccola ossessione nei miei confronti e la cosa un po' mi lusinga, grazie. Ora, se avete qualcosa di breve ed interessante da dire, potete farlo lasciando il prevedibile messaggio dopo il prevedibile bip.


BIP

21 dicembre 2008

CONVERSAZIONE OSSESSIVA

L'ordine fisico compensa il disordine mentale, ma bisogna restare nei limiti, l'ossessivo compulsivo li oltrepassa tutti.
Egregio signor Me, forse dovresti cambiare. E se fossi già cambiato? Forse dovresti smettere di nasconderti pensando di essere una buona persona e affrontare la sabbiosa mediocrità. Prendi quello che conta veramente e buttalo via. I migliori giorni della mia vita, li devo a te. Ed anche quelli peggiori. Ora, prima di andare via, aspettami. Ti raggiungo e davanti ai tuoi occhi distruggo la foto che non ci ritrae. Che non ci ritrae sorridenti. Scocca la metà della notte. Rimangono scene di brutti film e brutte scene di film. Buonanotte anche a te che sei cattivo.

17 dicembre 2008

BABBO NATALE ESISTE


Il 25 dicembre cosa regalo a Babbo Natale per il suo onomastico? Andiamo per ordine. Tanto per cominciare, molte feste religiose, come il Natale, sono solo il frutto dell'evoluzione nel tempo di feste pagane, originarie del mondo agricolo. Quello che mi chiedo è questo: perchè continuiamo a festeggiare qualcosa di cui, come civiltà, abbiamo perso il senso originario molti secoli fa? Perchè, anche in una società laica, abbiamo sentito il bisogno di perpetuare un evento religioso e mantenerne il carattere festivo? Solo perchè lo si è sempre fatto siamo in diritto di credere che sia giusto continuare a farlo? Cosa ci distingue da un gregge se accettiamo questo tipo di convenzioni sociali acriticamente, anche adesso che la loro motivazione originale è decaduta? E poi, un periodo di spese incontrollate e di gioia coatta aumenta realmente la qualità della nostra vita? Nulla ci impedirebbe di fare regali durante tutto il resto dell'anno; anzi sarebbero doni maggiormente graditi, più sentiti e genuini, inaspettati, ricevuti senza il disagio dell'obbligo al ricambio, fatti alle persone a cui si tiene veramente. Ci si ritrova in cui l'essere buoni ed altruisti è regolato da un comportamento imposto. "A Natale siamo tutti più buoni" e ci dimentichiamo che essere buoni non è un interruttore da accendere e spegnere, non è un passatempo, è una scelta. E che ci sono persone che vanno premiate per le loro scelte. Come appartenenti ad una collettività e come singoli esseri umani potremmo fare un passo avanti: liberarci dei comportamenti ipocriti e affrontare il fatto che magari non c'è del buono in ognuno di noi, e negarlo attraverso una grande illusione stagionale non serve più.
Le contraddizioni si accatastano giorno per giorno una sopra l'altra e far finta di non vederle è un esercizio di fantasia sempre meno plausibile. Un giorno dalla folla si farà avanti un bambino che, puntando il dito e ridendo, griderà: "Babbo Natale è nudo".

16 dicembre 2008

IL MALE

Osservazioni sull'immagine di sé.
Non so se sia normale che l'osservazione di terze persone si tramuti in analisi critica verso se stessi. Comunque è un genere di pensieri di cui non riesco a fare a meno. Ad ogni modo, ho avuto la prova provata che il ruolo di traditore non si addice alla mia persona. So fingere così deliziosamente di stare dalla parte del bene che finisco per rimanerne coinvolto e perdere l'attimo per sferrare il colpo decisivo. E alla fine perdo. Perdiamo. Io e il Male. E a me il Male piace. E il Male da la colpa a me. Ma il Male dorme, mentre io penso a tutti e due. Ricerca di semplificazione? Stilizzazione della visione di sé? Paura? Terremoto? Cavallette? Boh.


Ed in quel momento preciso dall'altra parte dell'esistenza, in quell'altro mondo che si può veder da lontano, ma senza mai avvicinarvisi, una piccola melodia s'è messa a danzare.

14 dicembre 2008

CONVINZIONE

So come è difficile riferire esattamente quanto è avvenuto anche un attimo prima. Se qualcuno si fosse trovato al mio fianco, la sua ricostruzione dei fatti potrebbe in certi casi avvalorare la mia, in certi altri no. E se fosse scattata una fotografia? La macchina fotografica mente sempre.
Il dato più sconcertante di questa dubbiosa questione è il seguente: il ricordo che si materializza ora, in questo preciso istante, non prova che quel che si ricorda sia realmente accaduto in passato. Io posso essermene convinto, soprattutto se altri, molti altri, ne sono convinti quanto me. Quando sono solo e l’esperienza, l’emozione, l’evento sono miei e miei soltanto, come escludere a priori che la mia mente non si sia inventata tutta la storia, compresa la sua fedele ricostruzione?

E se la risposta fosse dimenticare la domanda?

11 dicembre 2008

ALTER EGO

Mi scusi signore se ho calpestato il suo piede. Camminavo con la testa tra le nuvole, immaginando un mondo in cui lei non esiste. Se ciò non può giustificarmi, spero almeno possa spiegare la mia sbadataggine. Vorrei colpirla, signore, con tutta la mia forza incanalata in un pugno e fiondarla al suolo. Poi vorrei chinarmi su di lei e baciarla in fronte, signore. Vorrei tirarle fuori tutto il disgusto e la rabbia che prova verso di me e che nasconde tutti i giorni dietro la sua indifferenza patinata, signore. La sua e quella di tutti quelli come lei, signori. Io la ripugno, signore, e lei ripugna me. Non fugga, signore, non abbia paura di me. Io non potrei farle più male di quello che lei fa a se stesso, o quello che io faccio a me stesso. Se ora lei se ne va io resterò solo, signore, e lei smetterà nuovamente di esistere. Noi non vogliamo questo, vero signore?

7 dicembre 2008

SENZA SGOMBRO DI DUBBIO

La leggenda del calamaro con le braccia lunghe come il rimorso.
Scricchiolare è il mio modo di riflettere mentre ascolto la vecchia inquietudine. Un'eco di abisso. La parola eco è femminile, per questo ho utilizzato l'apostrofo. In preda ad una crisi di cacofonia cardiaca, immagine iperreale del non-detto e non-consumato, poltergeist del gusto. Dentro l'avvizzito secchio cerebrale del crapone, due pensieri se ne vanno a letto insieme. Dormo e sogno come sogna il mio amico immaginario, ovvero come sognano gli umani, poichè quello è il luogo in cui si incontrano normalmente amici immaginari e umani. Io sono un essere razionale, ma se l'irrazionale mi pesta i piedi, devo farci i conti. C'è una bufera che giostra solo me. Dannate quelle situazioni che non si fanno annunciare!!
Ed ecco il gran finale con gran piangianza e gran ridanza. Alza la mano per chiedere la parola, si alza in piedi: "E comunque io volevo solo dire che lo spazio pensiero è bianco e quasi totalmente vuoto, costellato di solidi platonici che rappresentano le idee. Le parole sono le dita con cui tocchiamo e veniamo a conoscere queste idee forme, nello stesso modo in cui un cieco impara a conoscere il mondo". Si risiede.
Tra poche ore sarò immerso nella frenesia metropolitana.

5 dicembre 2008

EVASIONE IN PITTOGRAMMI

In cui il mio amico immaginario scrisse ripetutamente la parola "scomparire", ogni volta con una tinta di inchiostro sempre più pallida.
La mia mente non è un luogo e il mio cervello non ha anticamera. Non è una macchina, non ci sono le rotelle, nè lampadine che si accendono. Non ci sono fessure per infilare le monetine e non ci sono tasti da premere, o, più pudicamente, da non premere. Non ci sono nemmeno pensieri che frullano o neuroni che muoiono di solitudine. Io dico di pensare, ma la verità è che non so cosa succede là dentro. Non so nemmeno se succede là dentro. Non so nemmeno se succede. Tenerci intorno la maggior parte degli organi di senso non sembra nemmeno una grande idea, visto che mi sembro ancora un singolo punto flottante con un corpo che ci penzola sotto.

2 dicembre 2008

TIMIDEZZA

Quando sono da solo, quando non c'è nessuno che può vedermi, mi capita di assumere pose teatrali, di provare movenze drammatiche, di fare tutte cose che non mi si addicono. E' che da solo sono finalmente libero di non essere me stesso. Esercizi di recitazione per imparare ad essere più nessuno. Era un po' di tempo che non mi sentivo così, caro giaciglio di spine. Ho paura di cosa possa rimanere di me, una volta svanita la mia capacità d'immedesimazione. Che poi la timidezza la faccio roteare fra le dita. E comunque non posso manifestare il mio disappunto sempre e solo accelerando. Cosa dovrei dire io, poi, che una faccia non ce l'ho?
Ho perso il filo del discorso di Arianna. Cosa stavo dicendo? Ah si: inventeremo un nuovo linguaggio, che nessun'altro potrà capire.

29 novembre 2008

EFFETTI SPECIALI

Nei miei sogni c'è la regia: primissimi piani, carrellatte, filtri colorati che cento occhi famelici non basterebbero a capirne il colore e l'attesa. Nell'ultimo c'erano anche gli effetti speciali. Scadenti, per giunta. Come una di quelle scene in computer grafica che saltano subito all'occhio per mancanza di naturalezza. La sensazione non è stata come quella di essere l'anello debole di una catena, ma più il dente mancante di un ingranaggio: il meccanismo procede ugualmente, i denti prima e dopo di me sopperiscono alla mia assenza, lo spettacolo non si ferma. La realtà percepita non s'è fatta nè più facile nè più difficile, solo sempre più strana. M'è parso di essere uno spaventapasseri che non potesse liberarsi del peso della confusione tra le sue molteplici identità. Una realtà quasi romantica, nella sua anestesia: colma di personaggi senza storia o carattere, ricca di trame prive di colpi di scena. Sogni come questi sarebbero troppo faticosi per essere vissuti in ogni loro attimo e invece ci si ritrova costretti a farlo.
Se tutto quello che non vedo più c'è ancora, mi devo essere perduto sulla strada che porta fino a qui.

25 novembre 2008

SUCCO DI FRUTTA MENTALE

Anche per alimentare le mie vocine ho bisogno di certi rintocchi, di quelli lontani, di quelli che arrivano dal di là della linea orizzontale: l'orizzonte; nel frattempo le parole se ne stanno tutte buttate lì in terra, sparse e disordinate. Loro sono pesanti. Vedo alcune brutte occhiate provenire dal gruppo dei sinonimi di "pesante". Tra l'accozzaglia di parole ci sono anche gli errori da matita rossa, che sembrano macchie di sangue. Metto in fila mille parole, afferro quella più consona e me la infilo in tasca. Io e la processione di parole ce ne andiamo.

Il racconto di quello che accadde dopo la fine.

Schiarimento di voce, impostazione della stessa.

Se passo una sufficiente quantità di tempo in silenzio, evitando di parlare con alcuno, alla fine anche la mia voce interna tacerà. A quel punto l'osservazione guadagnerà una nuova dimensione. Un dettaglio alla volta. Sfumerà la differenza tra azione ed oggetto. L'inevitabile sopravvento del significato. Forse un giorno riprenderò coscienza e, capendo che era tutto frutto della mia mente e che ho agito secondo quel frutto, proverò imbarazzo.

22 novembre 2008

CAPITOLO TERZO

Dei miei delitti e delle mie pene conviene, certo che conviene. Con tutta onestà. Conviene per non farmi sporcare più del marciume di ieri, per salvaguardarmi da un'eventuale trasmigrazione in uno scempio e tagliare le erbacce sul ghiaccio. L'acqua è passata, sotto i ponti. Resta solo il pensiero del questo e del quello a paralizzare tutto il resto. Basta non pensarci. Filiformemente. Ne sento il vezzo e ne avverto il vizio. E senza tener conto dei passi e dei riflessi incondizionati, come la danza gioiosa del vento. Posso arrivarci con l'intuito.

CLICCARE QUA.

16 novembre 2008

TIZZONI AL DENTE

In cui il mio amico immaginario fu proscritto in virtù delle sue virtù.

MAN ON IMPORTA _______ε

Che ho da dire di socialmente deviante? Ho occultato per bene un antico misfatto, ho perso altri rottami per strada e mi sono conficcato un arcobaleno in fronte. Da stremato competo con un pensiero, lo stesso che accarezzo. A capovolgermi rabbrividisco nel solito sintomatico distacco. L'intimo lenitivo. Mi intimo un intimo lenitivo. Lintimo l'enitivo. La mia mente dipinge ostacoli tutt'intorno. Sussulti inconsulti ad ogni minimo movimento. Mi sento scaraventato sull'intento battente del privato. Il lasso di tempo che ci vuole tra una cosa ed un'altra, coi battiti in sequenza e le tele nere: ombre cinesi clandestine. Solo su prenotazione, il buco della serratura, ha posti riservati. Aprire una porta condivide il piacere di oltrepassarla. Poi è diventato tutto nero e mi ci sono visto dentro. Non che la cosa sia fondamentale. Ridicola al massimo. Mentre ci provo gusto il tempo scade nel ridicolo.

12 novembre 2008

DOVE E QUANDO.

Qui e Adesso costruiscono il mondo quando chiudo gli occhi e lo distruggono quando li riapro. Molti pensano di avere la perfetta percezione spazio-temporale di Qui e Adesso, ma Qui e Adesso si divertono spesso a prenderli di sorpresa. Me compreso. Anzi, mi sembra di possedere la loro percezione più di chiunque altro. Qui e Adesso. Ripetuti lentamente con una voce maschile profonda di sola eco: Qui e Adesso. L'aria sta appesa e sfilacciata. Se Qui e Adesso mi soffiassero contro, improvvisandosi vento, io cadrei spaccandomi come un vecchio intonaco. Vivono perennemente sotto i riflettori. Ma posso diminuire la percezione di Qui e Adesso come se mi perdessi, distratto, in sovrappensieri e trasformarli in una scatola di plastica in cui, all'interno, ci sono io che urlo a gola squarcia. Posso estendere la percezione di Qui e Adesso come se stessi attendendo che non ci siano più occhi da guardare e farli diventare un unico riflesso di tempi più timidi. Posso fermarli, spostarli oppure anticiparli. O posticiparli. Posso avere una linea temporale alternativa. Posso tutto questo, ma c'è un modo solo.

Niente, volevo dire che mentre scrivevo la mia smorfia era un sorriso finto e forzato. E a pensarci sorrido.
-ασύμμετρες-

9 novembre 2008

OSSESSIONAMI

VENTIDUESIMO POST
Posso osare? Posso turbare il mio universo? Posso uscire dalla mia restrizione cerebrale? Perchè nessuno mi ha detto di pensarci prima? Non dimenticare, nel dramma, il lato B delle audiocassette. Non posso pensare che possa piovere. Seriamente, acqua che cade dal cielo? Se non esistesse la pioggia nessuno potrebbe immaginarla. E' un pensiero che mi provoca. Se ci penso mi sento provocato e rimango chiuso nel guscio. Imprigionato. La pioggia è la cosa che meno assomiglia ad un piano geometrico: priva di estensione, carica solo di profondità. Dopo una tale conoscenza, cos'è mai l'ossessione? Voglio imparare a piovere! Ossessionami, te ne prego.
Follie prestabilite e nient'altro. Confermo quanto detto in precedenza. Pre-decenza. Espressioni ironiche.

8 novembre 2008

2 novembre 2008

MAL COMUNE

Questo è un pensiero a dorso nudo, imprigionato nel cervello, il frutto di decadenze irrisolte, il succo crepuscolare. E' una prigionia che fa il solletico, tra pezzi di pane nero e sorsate d'acqua torbida. E’ l'amore per la logica che produce lussuria per la meccanica. I minuti passano tristi e solitari, nemmeno si voltano. Nemmeno hanno la sola voglia di fare finta di voltarsi. Lasciate alle spalle le declinazioni della logica, si smette repentinamente di recitare la prima persona e si tace il cruccio di stanare i moti della ragione, quanto basta per soffocare i miei punti di appoggio. Alla fine scoprirò che queste ossessioni hanno un’origine comune. Limiti personali da ricercare nelle righe a matita del proprio ritratto, presumo. Niente di particolarmente acuto, figuriamoci.

Sono andato fuori tema.

29 ottobre 2008

FUORI POSTO

In cui il mio amico immaginario ebbe ricordi di cose
che non successero mai.
Ogni volta è come la sensazione di cadere dalle nuvole in swing o restare annacquati da una sillaba impollinata.
Ogni volta è quel "cerco di autoconvincermi di essere fuori posto e di sentirmi a disagio" che non funziona.
Ogni volta mi guarda e penso che la mia immagine risuoni nei suoi occhi come un'eco che si riflette infinite volte copie di me, sempre più brevi ed indecifrabili e che alla fine, ogni volta, si va a nascondere in un angolo buio.
Per quanto mi riguarda, ogni volta infrango tutte le regole dell'abbandono. Il trucco trasforma parte di lei nelle grazie di parole gotiche. Le ciglia, travestite da guglie, accompagnano lo sguardo.
Ogni volta è complicità mista a fragole e ciliegie.
Ogni volta non capisco come tanta bellezza non faccia esplodere i capillari.
Ogni volta desisterei se solo certi apostrofi apparentemente banali non suscitassero un'ilarità spiccia e immotivata.
Ogni volta la trasmissione del pensiero fallisce in sguardi abbagliati dalle luci di scena, sfrigolando puntigliosi e scintillanti.
Non è facile farsi capire quando a priori ci si astiene, volontariamente, da ogni comunicazione.
Fine del riempitivo: il fondo di zucchero delle coppette preconfezionate di gelato.
"Due corpi solidi non possono occupare lo stesso spazio nello stesso istante" disse. "A meno che non siano i nostri" aggiunse.

25 ottobre 2008

POCO DI TUTTO

Questa è una fiaba in cui tutto è già avvenuto e tutto resta uguale. Non si fa che scoprire ciò che già si sapeva. Quindi inutile fermarsi a riflettere. Non serve. Niente ha senso. Nessun significato, se non assurdo. Insulso. In questa fiaba se faccio un altro passo mi ritrovo altrove. Mentre la racconto rimango seduto sul bordo del letto a fissare il muro, in cui cerco l’inafferrabile senso del mio presente. Piovono papille gustative. Mentre la ascolto dalla mia voce l’equilibrio si va perdendo, tralasciando all’attimo ogni volontà di controllo ed oscillo nervosamente le gambe. Che a vedersi in certi atteggiamenti si pensa sia irrecuperabile. E forse lo è. Claustrofobica rassegnazione: non contengo più i movimenti. Richiedo oblio, esigo una voragine! La mia mente va bonificata. Prosciugata. Chi sono non lo so e per questo mi scrivo la domanda su di un foglietto e me l'infilo nella tasca della giacca.

Si prega di lasciare libero l’ingresso della fiaba, grazie.
Il mio amico immaginario ed io siamo dei recidivi senza speranza. Dal mio lato arancione e dal suo punto di vista verde.
Chiudi il sipario. Non c’è più nessuno.

22 ottobre 2008

PASSATO L'INCISO

In cui il mio amico immaginario fu travolto da pensieri in ordine sparso.
Eppure stavo dicendo qualcosa. Forse stavo pensando qualcosa. Vorrei scrivere questo qualcosa prima della fine delle mie molecole e prima del trapasso delle mie travecole. Ora potrei avere delle difficoltà a non cadere nel ridicolo. Passato l'inciso, poi l'interesse e l'interessato. Poi l'interesse per l'interessato. Ventidue è un bel numero. Sarà per i due due. Nell'agevolazione la causa è sufficiente, ma non necessaria, ma io sono nostalgico per prescissione. Il tempo non si è fermato molto a lungo, tenendo conto del vento: la mia parte tangibile si riflette ancora nella parte nera di un di fuori.
Eppure stavo dicendo qualcosa. Forse stavo pensando qualcosa. Ginevra diceva sempre di si un tempo, ma erano solo novelle scontratesi coi duellanti. Ginevra la si sente e la si percepisce dal collo in giù. Solo dal collo in giù. La dolce Ginevra trascorre l'esistenza scivolando tra un'inutilità ed un'altra. Ginevra, nella sua indecisione netta e decisa, soffre di un dolore ottuso, di poesie recitate a memoria, di frasi non dette e appassite. Il suo vagito pare il lamento d'un animale sofferente. Niente trucco, solo pittogrammi di sguardi cavapietre.
Stando così le cose si arrivi al dunque.
In questo momento vorrei essere il "ma" all'inizio di una domanda, peripezie con l'accento sulla seconda e.
Ci credete se vi dico che il sole mi ha detto che sta per esplodere? Che faccio, gli credo? Eppure stavo dicendo qualcosa. Forse stavo pensando qualcosa. Ma non la ricordo più. La morale della favola preferisco non saperla.
E poi? Applausi.

18 ottobre 2008

IL LUOGO COMUNE DI RESIDENZA

Il pOstO In cUI hO trOvAtO Il mIO pIccOlO dIsAgIO
No, perchè devo dire la verità? No, perchè devo proprio dirla? No, perchè accadde un giorno, e fu un solo istante, mentre osservavo i grigi dissolversi, che intravidi l’ombra dell’Enigmatico Traduttore. Egli coltiva come un culturista l’importanza del sapore acerbo del suono delle parole di una lingua sconosciuta, utilizzando solo le vocali. Per lui il giusto umore è la lettera u tra parentesi, che suona un po’ come il distacco dalla vita sociale di tutti i giorni. Poi tanto silenzio e poco d’altro, quel che lascia dietro sè. No, perché vorrei rompere questo silenzio con il mattone dell’autocontrollo e trascurare il moto spontaneo di qui e adesso, innalzando la fiamma della stabilità e invece scrivo di condizioni mentali drasticamente fuori luogo comune che fanno scorrere lento ogni moto spontaneo. Ci ha già pensato qualcun altro a scaraventare il mattone dell’autocontrollo; troppi si sforzano di tenere il silenzio fuori dal giro. C’è un’aspettativa di destino sotto forma di pavimentazione stradale ed uno stato di abbandono degli ammortizzatori anteriori. No, perchè devo proprio dirla tutta questa verità? No, perché trovo fastidioso chi inizia una frase con "no, perchè".
Si resta sempre con il desiderio di sbirciare l’ultima pagina.

15 ottobre 2008

SENTIMENTALISMO DIFFORME

Le allucinazioni sono definizioni orizzontali che fanno sorgere leggeri rumori da scontri senza energia, il destino che è fatto di fruscii. Le allucinazioni mi si condensano addosso. Le allucinazioni riempiono il palcoscenico di scrupoli a quadretti e vesciche di spensieratezza mentre architettano una personalità disorientata. E' l'allucinazione che mente. E' la mente, che allucinazione.
Che a guardare i muri sembrerebbe di stare ancora coi piedi per terra. Io vado avanti e le allucinazioni si fanno a lato, bisbigliando senza rispetto. Vorrei spiegare alle allucinazioni che non è come pensano, ma poi negherebbero di averlo pensato. Le allucinazioni fanno l'ironia così affilata che ci si può tagliare un giorno di pioggia. Ignorano le differenze di scala tra pioggia e lacrime.
Le allucinazioni: il momento in cui anche per me tutto è più qualcosa.

12 ottobre 2008

FOTOGRAFIA


Mentre passa lento il giorno su di me e non mi scolorisce, il dolore cucinato in umido, l’autore si impegna a respirare. A respirare i fenomeni e a scrivere l’aria, inquieto per scelta ma non degli inquietati. Tutto ciò che la memoria mi lascia rivivere di certe peripezie oniriche è una sensazione efficace: l’altruismo sotto forma di fendinebbia posteriori. E, dopotutto, ci sono punizioni peggiori dell’autunno, dico, mi rispecchio in una foglia metà gialla e metà croccante con il sorriso a comando di una fotografia. Io, quando mangio, la tenerezza la scarto e l’accumulo lungo il bordo del piatto. Continuo a gocciolare in un intorno sfavorevole, poteva finire peggio, invece niente. Ora sull’asfalto crescono i cactus.
Trovo che tutto questo sia un’idea orrendamente seducente.

10 ottobre 2008

CONDIVIDO IL DESTINO DEL MIO BARICENTRO

C'era un corvo nero, in bilico su una grondaia, che gracchiò contro la mia derisione.
Ho bisogno di una parola. Una parola così soffice che sembra si spezzi pronunciandola.
Tiravo appresso a me la sufficenza come un carretto che lasciava il suo tracciato nella neve.
Allora il vuoto dentro si fa grotta, dove le lacrime filtrano lente, progettando stalattiti.
Maturano frutti lucenti, esangui, marci e osceni.
Dolci bulbi oculari da succhiare e sputare.
Noi è troppo ambiguo. Potrei star parlando di me e di te che mi stai ascoltando, o di me ed un'altra persona, escludendo te ascoltatore.
E poi la principessa viene catturata dall'esercito delle termiti, la legano e la portano nella loro enorme tana.
Cominciarono una serie di movimenti sotterranei, segreti e rivelatori insieme.


Da bambino pensavo al contrario delle lampadine. Accese nelle mia stanza in pieno giorno, avrebbero proiettato un cono di oscurità totale. Con dentro me.

Niente, era solo uno sfogo.

5 ottobre 2008

UN CRESCENDO DI SILENZI

In cui il mio Amico Immaginario sostituì il suo discorso eterno con un'eternità di silenzio.

-La presente accozzaglia di termini non pretende di avere il carattere dell'esaustività.
-Scrivendola, non ho seguito alcun principio di correttezza formale.
-Non è un medicinale, ma usare lo stesso con cautela.
-Tenere lontano dalla portata dei bambocci.
-Sono solo parole, per la miseria!


Stamane, prima di addormentarmi, ho fatto pensieri sulla morte. Erano pensieri senza sentimenti, nè positivi nè negativi. Ho pensato che funziona come quando ci si addormenta. Si perde coscienza e al risveglio non si ha memoria del tempo trascorso. Si percepisce l'essenza dell'istante tra l'inizio del sonno e la sveglia. Al momento della morte, si perde il senso del tempo e lo si riguadagna solo insieme ad una nuova coscienza. Ci si potrebbe risvegliare tra milioni di anni, in una forma a noi ora sconosciuta, e credere sia passato un solo attimo. Si muore e ci si risveglia subito, in un altro tempo, in un altro spazio, essendo altro. Che anche la probabilità più misera, di fronte all'eternità, comincia a sembrare plausibile.

1 ottobre 2008

INTRAPPOLATO FRA POCO FA E TRA POCO

"Eccomi interconnesso con l'internet fognario mondiale" disse il mio Amico Immaginario sedendosi sulla tazza.
Cose semplici e banali, suvvia, ma non così banali, tantomeno così semplici. Perchè questa leggera euforia a posteriori facilita il compito di dimenticare i dubbi del sè, il senso di non sapercela fare, la voglia di scappare via e nascondersi nel conosciuto, dallo sconosciuto. Poi alla fine, come al solito, la realtà si risolve in qualcosa di meglio dell'idea della realtà. Di molto meglio. Della parte giusta del meglio. E' strano il mondo. Se ho superato un processo in cui io ricoprivo la parte di giudice e di accusato, pubblica accusa e giuria, non ne conosco il verdetto. Mi tengo questa bella sensazione e le schegge di una caccia al tesoro che assomiglia tanto ad un circuito ovale. Tutto è ovale. Io qui ci sono già stato.

Cuori e Picche sono due semi antitetici che si contrappongono verticalmente. I Cuori, rossi, caldi, in alto rivolti verso il cielo e il mondo delle idee; Le Picche, nere, pesanti e meccaniche poggiano e si incuneano nella cruda terra, nella dura realtà. Anche Fiori e Quadri, ma il loro scontro è su un piano orizzontale. Da un lato la meccanica precisione dei Quadri, pura astrazione della mente umana, da cui la loro forma è scaturita. Dall'altra l'indipendenza naturale e autosufficiente dei Fiori, che crescono senza ordine o precisione, sottostando alla sola legge di natura.

28 settembre 2008

CAPITOLO SECONDO

In cui il mio Amico Immaginario fu affetto da schizofrenia, ma ora stanno bene.

La lampadina della mia camera si è fulminata, o forse si è uccisa. Mi rendo conto che illuminare posti come camera mia deve essere durissimo. Perciò inizio il secondo capitolo al buio.

Chi non ha mai provato paranoia non sa cosa significa. E questo è un pensiero paranoico. Ma chi ha sempre camminato con gli occhi fissi a terra, e un giorno decide di guardare in faccia gli altri, si scopre veramente osservato da tutti. Forse lo facevano anche prima, ma non può saperlo: non li aveva mai osservati osservarlo. Cambia questo: contemplando la punta delle proprie scarpe poteva essere sicuro che chi gli passasse accanto non avrebbe pensato ad altro che a lui. Ora che invece è proprio così, il dubbio lo assale: "Sono forse io ad essere pazzo?"

Se mi offrissero di far parte della prima missione umana sulla superficie di marte, a patto di accettare il fatto che sia una missione di sola andata e che non avrei nessuna possibilità di tornare sulla terra, la mia risposta sarebbe: "Dove si firma?"Non ci devo pensare neanche un poco. Lungi da me l'idea di voler essere immortale, ma casomai dovesse capitare preferirei non essere presente.

22 settembre 2008

LA CONVENZIONE DI GINEVRA

La scena dell'allucinazione era brutalmente sincera. Ho sentito i suoni della festa appannati e la musica ne usciva come un sovrappensiero. Ed è la prima cosa che noto di ogni allucinazione: gli effetti sul mio senso dell'udito.

Oggi è quel ventidue lì. Quindi, per la convenzione di Ginevra, oggi ho il diritto di essere triste e meditabondo. Non la città di Ginevra, ma Ginevra, la cornificatrice di Re Artù. Pensavo a quei giochini tipo "Elenca 5 cose per cui vale la pena vivere e 5 per cui vale la pena morire". Non riporto la lista che mi sono immaginato, ma ho notato una cosa curiosa: i cinque motivi della prima lista erano gli stessi della seconda. Non c'è quindi differenza tra la vita e la morte? O la mia formazione è così cavalleresca che vale la pena vivere solo per quello per cui si è pronti a dare la vita? Ricordate che ho il salvacondotto per il malumore. Se per quel breve lasso di felicità passata, io provo gioia invece di tristezza, va bene uguale?

Ecce crucem domini, fugite partes adversae. Vicit leo, de tribu juda, radix david.
Alleluja, alleluja

20 settembre 2008

TERZINE DI QUARTI D'ORA

Le cose iniziarono a complicarsi quando al mio amico immaginario diagnosticarono un disturbo paranoide della personalità. Mi spiace. Credimi che mi dispiace, non sai quanto. Sono mortificato. La sensazione che ho dentro è quella di una poltiglia di lombrichi che cerca di farsi spazio nel mio intestino. Mi spiace. Ma non posso. Accettare le tue scuse.
Non andare via. E' ancora troppo presto.
Non andare via. E' ancora troppo. Resto.
Il tempo scorre a 60 bit metronomici. Ma è la percezione che cambia. A volte scorre più veloce, in ottavi, altre più lentamente, in terzine di quarti.
Il dubbio di spalle altrui e la mia testa che si appoggia su quegli stessi dubbi.
Lo sai, vero, che prima del canto del gallo ritratterai tre volte?
Grazie, altre tanto. Altrimenti grazie.
Ricevo impulsi elettrici e scrivo di impulsi mentali. Ricevo impulsi mentali e scrivo di impulsi elettrici. Ricevo impulsi mentali e scrivo di impulsi mentali.
Si, certo, posso mostrarti tutti i miei lati. Alcuni non ti piaceranno ed altri ti impressioneranno. Cambierai comunque opinione di me.
Il modo di flirtare che hai con me è davvero cosa unica. E' timidamente sexy. Adorabile. Se solo riuscissi a fidarmi delle persone ricambierei. Probabilmente sto perdendo un’occasione. Non è la prima. Non sarà l’ultima.

17 settembre 2008

SORRISI DI CIRCOSTANZA IMMAGINARI

C’erano una volta un ragazzo che sorrideva fuori tempo ed il suo amico immaginario.
Il ragazzo che sorrideva fuori tempo svolgeva un lavoro di responsabilità, sistematico e frenetico, in cui non erano ammessi errori. Era un lavoro di responsabilità sistematiche e frenetiche. Il suo vivere era un ininterrotto lavorare, da quando suonava la sveglia al mattino, fino a che, se non si addormentava in ufficio, non sdraiava il proprio involucro sul materasso alla sera. Spesso si svegliava nel cuore della notte dopo aver sognato situazioni lavorative o pratiche da svolgere (in nottata) ed altrettanto spesso si scordava di far prendere luce ai propri sentimenti.
Il suo amico immaginario viveva alla giornata, faceva di tutto e nulla. Per lui essere era il nocciolo della questione ed i suoi sentimenti erano caldi e vibranti al punto da far fluire visibilmente le onde del calore dalle sue narici.
Il loro luogo di ritrovo era il piccolo ed umido sgabuzzino nel sottoscala ove degustavano i vini acquistati dai viaggi di lavoro del ragazzo che sorrideva fuori tempo e si narravano le vicende di vita comuni, quotidiane e non. L’uno sapeva tutto dell’altro, non vi erano segreti tra loro.
Arrivò il giorno (perché questa è una di quelle storie in cui arrivò il giorno in cui arrivò il giorno) in cui arrivò il giorno, purtroppo. Ed il ragazzo che sorrideva fuori tempo dovette partire.
Ma prima di partire infilò sotto la fessura della porta dello sgabuzzino un biglietto, lasciando accanto una bottiglia di vino rosè, delicato e frizzante, incartata nei fogli di giornale. Sul biglietto scrisse l’indirizzo al quale si sarebbe trasferito, aggiungendo poche righe. Da dentro lo sgabuzzino l’amico immaginario raccolse il biglietto, lo lesse e pianse. Da fuori lo sgabuzzino il ragazzo che sorrideva fuori tempo continuò a prepararsi per la partenza, si mise la giacca, salutò con amarezza l’amico immaginario e disse: “Scusa se ho scritto male, ma sono di fretta in questo momento…”. L’amico immaginario sobbalzò in piedi, aprì di scatto la porta dello sgabuzzino ed urlò al ragazzo che sorrideva fuori tempo che, nel frattempo, stava afferrando la valigia colma per uscire, sistemandosi lo sciarpino di seta nera: “Uomo da poco! Cosa vuol dire male? Forse che le lettere non sono tutte uguali, incolonnate ed obbedienti? Forse che hai vocali che debordano, aste che decollano, scrittura che si inchina o si impenna, bordi panciuti, splendidi sgorbi e arabeschi megalomani? Forse che hai la meravigliosa diversità di ogni lettera e parola? Questo è male per te?”. L’amico immaginario afferrò caparbiamente la bottiglia di vino rosè, delicato e frizzante, incartata dai giornali, dette un’ultima, ma di compassione, occhiata al ragazzo che sorrideva fuori tempo, rientrò nello sgabuzzino, stappò la bottiglia, si riempì un bicchiere e, mentre assaporava quel tenero sapore, trattenendolo sulla lingua, rise di sé.
C’erano una volta un ragazzo che sorrideva fuori tempo ed il suo amico immaginario. Ma poi si persero di vista e, incontrandosi dopo qualche anno, l’amico immaginario divenne, per il ragazzo che sorrideva fuori tempo, un conoscente immaginario.

14 settembre 2008

AFFABILI LETTURE

IN FASE DI MANUTENZIONE
E' nei momenti in cui non capisco, che la cosa mi sfugge.
Quest’oggi ho rispolverato il “Librone Dell’Io Sono”, rilasciatomi unitamente al mio contratto di esistenza dal Guardasigilli Cosmico. Lui non è mai nato, è sempre esistito. E da sempre li guarda. I sigilli.
Era parecchio che non davo un’occhiata al Librone, alle sue news ed ai suoi incostanti aggiornamenti. Si parla di anni.
L’ho rispolverato soprattutto per verificare se si fosse riempito di disegni colorati laddove prima vi erano pagine non scritte e non numerate, non intitolate e non paragrafate.
Pare ci sia una modifica, una sola. Ma di assoluta rilevanza. La si trova a pagina 222, quelle precedenti sono state siglate una ad una con la scritta rossa “IN FASE DI MANUTENZIONE”. Il motivo viene spiegato nella prefazione, anch’essa debitamente modificata ai nuovi contenuti, dal Sottosegretario Cosmico, in attesa di nuove disposizioni del Guardasigilli. Per farla breve, avevano bisogno di riadattare il formulario della mia esistenza. Proprio quando, dopo anni, recupero il mio ingiallito Librone dal secondo cassetto a destra della scrivania del me stesso (dove, ordinatamente, lo avevo lasciato), i Superiori decidono di fare manutenzione? Dico io. Comunque è così. Avevo necessità di aggiornarmi su alcuni punti di me stesso nell’immediato, invece dovrò attendere che la manutenzione sia terminata.
La modifica di pagina 222 recita (male): “Andrà ora in onda una versione ridotta di me per venire incontro alle mie capacità mentali, disponibilità temporali e abilità sociali”. Da pagina 223 inizia un brevissimo riassunto, specificato con parole semplici. Con parole mie. Mi sorge un po' il dubbio che il Guardasigilli e la sua Compagnia Bella si stiano divertendo alle mie spalle. Tralasciamo.
Il Guardasigilli e la sua Compagnia Bella scrivono e pasticciano sul “Librone Dell’Io Sono” mio personale, come se fossi io stesso a scriverlo. Ancora non mi è chiaro sotto quale criterio, ma non mi pare corretto nei miei confronti. Esporrò loro questo punto durante la prossima riunione. Le riunioni sono altresì imprevedibili, di solito mi convocano quando meno me lo aspetto. E poi si parla di libero arbitrio. Questa è tutta una fregatura!

13 settembre 2008

SENZA FINE

Da tempo se ne sta lì. E mi fissa. Eretto in tutto il suo atteggiamento di avversità, creandosi l’alone di tetraggine, impastandolo inanimatamente.
Da tempo se ne sta lì. E mi fissa. Pronto a giudicare ogni singolo e minimo mio movimento. Vorrebbe sentenziarmi anche quando resto immobile. Ma non pronuncia una parola. Sciancrato. Composto. Immobile.
Da tempo se ne sta lì. E mi fissa. A rompersi il capo sul passato e sul futuro, sul presente e sull’assente, coltivando rabbie e rancori. E mi fissa.
Ma questa sera accetto la sfida. E lo fisso anch’io, il soprabito, forte del suo appendiabiti. L'appendiabiti del mio io.

Mentre scrivo di queste situazioni rido con gusto, ondeggiando sulla seggiola.


Mi ha tenuto sveglio un lavello fuori tempo per tutta la notte. Ho immaginato sanguinasse. Ogni goccia aveva un suono diverso, una melodia senza fine, dove alla fine sonnecchia la follia.
Ma ne è senza.
Il voto è segreto. Il veto no. Ora vato.

11 settembre 2008

DOPO IL RITORNELLO

OGNI RIFERIMENTO A FATTI, LUOGHI, COSE E PERSONE E' PURAMENTE CASUALE.


La storia delle storie non finisce come ci si aspetta. I protagonisti sono il nerboruto e vigoroso signor SolfeggioRitmico, la signorina NotaMusicale e il giovane e sbarazzino FlautoDolce. Il grande sogno di FlautoDolce era conquistare il cuore della bella NotaMusicale. Ogni volta che trascorrevano dei momenti insieme, FlautoDolce aveva l'impressione che NotaMusicale non gli fosse del tutto indifferente, ma lei non gli aveva mai dato un chiaro segno. I momenti insieme aumentarono. Una sera d’estate, sotto il lampione di LunaPiena, si sfiorarono le labbra, ma nulla più. FlautoDolce allora cercò di migliorarsi, di essere una persona desiderabile, la trattò con riguardo e dolcezza, le stette accanto quando lei ne ebbe bisogno e cercò di coprire ogni ruolo che avrebbe coperto un compagno ideale: amico, amante, complice, padre, figlio. NotaMusicale capì.
Ma la storia delle storie non finisce come ci si aspetta: essa è composta da una parte reale ed una immaginaria.
Nella realtà NotaMusicale preferì SolfeggioRitmico al buon FlautoDolce. Lei non seppe o non volle dare alcuna spiegazione, ma visse per sempre con SolfeggioRitmico. Che, detto tra noi, non valeva un terzo del nostro FlautoDolce. Nella parte immaginaria il DemoneDellAmore non ebbe scelta. SolfeggioRitmico, con tutti i suoi difetti, ma anche con i suoi pregi, era un bersaglio facile al quale scoccare la propria freccia. FlautoDolce, invece, con la sua voglia di vivere, col suo desiderio di essere tutto, ha finito per non essere niente: un bersaglio in movimento, impossibile da mirare, figuriamoci da colpire.
NotaMusicale e SolfeggioRitmico vissero per sempre. FlautoDolce scacciò il Demone.
La StoriaDelleStorie è sempre così. Per fortuna ce ne sono altre.

8 settembre 2008

CAPITOLO PRIMO

In cui il mio amico immaginario si immerge guardingo nella frenesia dell’esistenza, per niente contento dei tempi e dei luoghi in cui gli tocca vivere. Bella apertura, per autoproclamazione di squilibrio. Vorrei avere uno psicanalista per dire tutto quello che mi passa per la testa, comprese spigolose parolacce con le vocali aspirate, ma di questi tempi preferisco un blog.
Forse è presto, troppo presto per farlo. Non lo so.
Questo è un nuovo blog. Ho appena traslocato ed è un po' tutto soqquadro: colori, immagini, ma soprattutto contenuti, contenuti nel barattolo della materia grigia. Sarà soggetto a metereopatia congenita, ossessività compulsiva, compulsività ossessiva, rumori molesti ed odori sgradevoli. Il blogger ha già avuto altre esperienze eclettiche, ma avvertiva la necessità di cambiare. La nomea del precedente, benchè mi appartenesse, mi andava stretta. Molto meglio quella che verrà.
Grazie di cuore a chi mi ha seguito in quel del precedente. Io sono così, ho bisogno di cambiare. A volte.
E il Lupus in Fabula perse il pelo ma non smise d'essere vizioso. Ed io di vizi ne ho da vendere. Faccio un buon prezzo.