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29 novembre 2008

EFFETTI SPECIALI

Nei miei sogni c'è la regia: primissimi piani, carrellatte, filtri colorati che cento occhi famelici non basterebbero a capirne il colore e l'attesa. Nell'ultimo c'erano anche gli effetti speciali. Scadenti, per giunta. Come una di quelle scene in computer grafica che saltano subito all'occhio per mancanza di naturalezza. La sensazione non è stata come quella di essere l'anello debole di una catena, ma più il dente mancante di un ingranaggio: il meccanismo procede ugualmente, i denti prima e dopo di me sopperiscono alla mia assenza, lo spettacolo non si ferma. La realtà percepita non s'è fatta nè più facile nè più difficile, solo sempre più strana. M'è parso di essere uno spaventapasseri che non potesse liberarsi del peso della confusione tra le sue molteplici identità. Una realtà quasi romantica, nella sua anestesia: colma di personaggi senza storia o carattere, ricca di trame prive di colpi di scena. Sogni come questi sarebbero troppo faticosi per essere vissuti in ogni loro attimo e invece ci si ritrova costretti a farlo.
Se tutto quello che non vedo più c'è ancora, mi devo essere perduto sulla strada che porta fino a qui.

25 novembre 2008

SUCCO DI FRUTTA MENTALE

Anche per alimentare le mie vocine ho bisogno di certi rintocchi, di quelli lontani, di quelli che arrivano dal di là della linea orizzontale: l'orizzonte; nel frattempo le parole se ne stanno tutte buttate lì in terra, sparse e disordinate. Loro sono pesanti. Vedo alcune brutte occhiate provenire dal gruppo dei sinonimi di "pesante". Tra l'accozzaglia di parole ci sono anche gli errori da matita rossa, che sembrano macchie di sangue. Metto in fila mille parole, afferro quella più consona e me la infilo in tasca. Io e la processione di parole ce ne andiamo.

Il racconto di quello che accadde dopo la fine.

Schiarimento di voce, impostazione della stessa.

Se passo una sufficiente quantità di tempo in silenzio, evitando di parlare con alcuno, alla fine anche la mia voce interna tacerà. A quel punto l'osservazione guadagnerà una nuova dimensione. Un dettaglio alla volta. Sfumerà la differenza tra azione ed oggetto. L'inevitabile sopravvento del significato. Forse un giorno riprenderò coscienza e, capendo che era tutto frutto della mia mente e che ho agito secondo quel frutto, proverò imbarazzo.

22 novembre 2008

CAPITOLO TERZO

Dei miei delitti e delle mie pene conviene, certo che conviene. Con tutta onestà. Conviene per non farmi sporcare più del marciume di ieri, per salvaguardarmi da un'eventuale trasmigrazione in uno scempio e tagliare le erbacce sul ghiaccio. L'acqua è passata, sotto i ponti. Resta solo il pensiero del questo e del quello a paralizzare tutto il resto. Basta non pensarci. Filiformemente. Ne sento il vezzo e ne avverto il vizio. E senza tener conto dei passi e dei riflessi incondizionati, come la danza gioiosa del vento. Posso arrivarci con l'intuito.

CLICCARE QUA.

16 novembre 2008

TIZZONI AL DENTE

In cui il mio amico immaginario fu proscritto in virtù delle sue virtù.

MAN ON IMPORTA _______ε

Che ho da dire di socialmente deviante? Ho occultato per bene un antico misfatto, ho perso altri rottami per strada e mi sono conficcato un arcobaleno in fronte. Da stremato competo con un pensiero, lo stesso che accarezzo. A capovolgermi rabbrividisco nel solito sintomatico distacco. L'intimo lenitivo. Mi intimo un intimo lenitivo. Lintimo l'enitivo. La mia mente dipinge ostacoli tutt'intorno. Sussulti inconsulti ad ogni minimo movimento. Mi sento scaraventato sull'intento battente del privato. Il lasso di tempo che ci vuole tra una cosa ed un'altra, coi battiti in sequenza e le tele nere: ombre cinesi clandestine. Solo su prenotazione, il buco della serratura, ha posti riservati. Aprire una porta condivide il piacere di oltrepassarla. Poi è diventato tutto nero e mi ci sono visto dentro. Non che la cosa sia fondamentale. Ridicola al massimo. Mentre ci provo gusto il tempo scade nel ridicolo.

12 novembre 2008

DOVE E QUANDO.

Qui e Adesso costruiscono il mondo quando chiudo gli occhi e lo distruggono quando li riapro. Molti pensano di avere la perfetta percezione spazio-temporale di Qui e Adesso, ma Qui e Adesso si divertono spesso a prenderli di sorpresa. Me compreso. Anzi, mi sembra di possedere la loro percezione più di chiunque altro. Qui e Adesso. Ripetuti lentamente con una voce maschile profonda di sola eco: Qui e Adesso. L'aria sta appesa e sfilacciata. Se Qui e Adesso mi soffiassero contro, improvvisandosi vento, io cadrei spaccandomi come un vecchio intonaco. Vivono perennemente sotto i riflettori. Ma posso diminuire la percezione di Qui e Adesso come se mi perdessi, distratto, in sovrappensieri e trasformarli in una scatola di plastica in cui, all'interno, ci sono io che urlo a gola squarcia. Posso estendere la percezione di Qui e Adesso come se stessi attendendo che non ci siano più occhi da guardare e farli diventare un unico riflesso di tempi più timidi. Posso fermarli, spostarli oppure anticiparli. O posticiparli. Posso avere una linea temporale alternativa. Posso tutto questo, ma c'è un modo solo.

Niente, volevo dire che mentre scrivevo la mia smorfia era un sorriso finto e forzato. E a pensarci sorrido.
-ασύμμετρες-

9 novembre 2008

OSSESSIONAMI

VENTIDUESIMO POST
Posso osare? Posso turbare il mio universo? Posso uscire dalla mia restrizione cerebrale? Perchè nessuno mi ha detto di pensarci prima? Non dimenticare, nel dramma, il lato B delle audiocassette. Non posso pensare che possa piovere. Seriamente, acqua che cade dal cielo? Se non esistesse la pioggia nessuno potrebbe immaginarla. E' un pensiero che mi provoca. Se ci penso mi sento provocato e rimango chiuso nel guscio. Imprigionato. La pioggia è la cosa che meno assomiglia ad un piano geometrico: priva di estensione, carica solo di profondità. Dopo una tale conoscenza, cos'è mai l'ossessione? Voglio imparare a piovere! Ossessionami, te ne prego.
Follie prestabilite e nient'altro. Confermo quanto detto in precedenza. Pre-decenza. Espressioni ironiche.

8 novembre 2008

2 novembre 2008

MAL COMUNE

Questo è un pensiero a dorso nudo, imprigionato nel cervello, il frutto di decadenze irrisolte, il succo crepuscolare. E' una prigionia che fa il solletico, tra pezzi di pane nero e sorsate d'acqua torbida. E’ l'amore per la logica che produce lussuria per la meccanica. I minuti passano tristi e solitari, nemmeno si voltano. Nemmeno hanno la sola voglia di fare finta di voltarsi. Lasciate alle spalle le declinazioni della logica, si smette repentinamente di recitare la prima persona e si tace il cruccio di stanare i moti della ragione, quanto basta per soffocare i miei punti di appoggio. Alla fine scoprirò che queste ossessioni hanno un’origine comune. Limiti personali da ricercare nelle righe a matita del proprio ritratto, presumo. Niente di particolarmente acuto, figuriamoci.

Sono andato fuori tema.